Intervista al team di Unity

Lo show presentato al DCE 2015

Come è nata l’idea di dare vita ad un gruppo unico?

Circa tre anni fa entrambi i gruppi stavano vivendo un periodo di stanchezza e di difficoltà legati soprattutto al calo di presenze e alla conseguente difficoltà di proporre programmi artistici che mantenessero vivo l’interesse all’interno e all’esterno.

Ci siamo trovati a parlarne insieme, il mondo delle marching band in italia e’ ancora piccolo e di fatto ci conosciamo davvero tutti; nel confrontarci ci siamo resi conto di essere nella stessa situazione ed abbiamo pensato di trovarci a suonare insieme un fine settimana. Questo avrebbe dato motivo ai singoli di trovare nuovo entusiasmo e di stare insieme ad altri amici che condividono la stessa passione.

Gli incontri, che abbiamo chiamato “Xtracamp” e che abbiamo lanciato e proposto anche ad altri gruppi che conoscevamo, si sono succeduti con successo e la voglia di stare insieme è diventata sempre maggiore; nell’arco di un anno le amicizie tra i ragazzi e tra i due staff si sono così saldate e la spinta dei ragazzi è stata così forte che è stato quasi un passo naturale decidere di unire gli sforzi non in un unico progetto show.

Sì, perche’ in realtà Unity per noi non è un gruppo o una fusione, ma un progetto di collaborazione che ha dato vita ad un network, una rete di collegamenti e di amicizie per sostenere e promuovere il nostro modo di essere musicisti e di fare spettacolo.

Come siete riusciti a coinvolgere anche gli altri gruppi, Anima e yMe?

Il nostro mondo -come dicevamo prima- è davvero piccolo e molte delle persone che gravitano intorno ai nostri due gruppi sono elementi che si esibiscono anche con Anima e yMe e ne fanno tuttora parte.

Sono artisti appassionati che hanno visto nel progetto una grande opportunità di crescita e una bella esperienza da vivere e sostenere, senza per questo abbandonare il proprio gruppo.

Come avete gestito l’organizzazione delle prove, la logistica e il calendario?

Questo è sicuramente uno degli aspetti più delicati. Con molta pazienza, elasticità, collaborazione, tenacia e forse un pizzico di incoscienza.

Le distanze sono notevoli, i gruppi hanno storie diverse che hanno definito dinamiche simili ma non identiche, risorse e organici unici con metodi non sempre coincidenti. Queste differenze sono emerse nei primi XtraCamp, ma le diversità si sono poi rivelate un punto di forza. Il lavoro per Unity ha richiesto una suddivisione dei compiti, artistici e logistici, concretizzati grazie all’impegno indiscutibile di coloro che si sono resi disponibili nel gruppo.

Avete usato qualche piattaforma software, o i social?

E’ stato inevitabile sfruttare videoconferenze e messaggistica istantanea per comunicare quando necessario.. La possibilità di coinvolgere velocemente e quasi in tempo reale prima lo staff e poi tutto il gruppo ci ha permesso di superare le distanze. I social poi sono quello spazio in cui abbiamo avuto la possibilità di interagire, cercando di fare conoscere il nostro progetto e il nostro lavoro, anche grazie ai ragazzi “iper-social-attivi” che con i loro messaggi e condivisioni, ci hanno spesso testimoniato il grande coinvolgimento e la felicità di essere parte del progetto, per noi ulteriore fonte di stimolo a continuare a lavorare.

Raccontateci qualche aneddoto della vostra esperienza durante lo sviluppo di Unity.

C'è stato un momento in cui ad ogni camp si forava una gomma del furgone in autostrada: abbiamo pensato a qualche maledizione. Siamo in cerca di esorcisti e/o gommisti per la prossima stagione!wink

Poi ci viene in mente la presentazione dell’idea del corpetto: inizialmente sembrava una scelta azzardata, ma poi si e’ rivelata essere un elemento innovativo e fortemente distintivo.

Come sono state gestite le decisioni tecnico artistiche? Immaginiamo che non dev’essere stato facile uniformare due drum corps diversi.

In realtà non eravamo (siamo) così diversi e lontani. Dal punto di vista dei metodi, dell’intento artistico e soprattutto educativo, i due gruppi principali avevano molte cose in comune; certo i dialetti (Brianzolo, Vicentino, Bergamasco, Romagnolo, Varesotto, ecc) erano diversi ma siamo riusciti a capirci lo stesso! Abbiamo messo sul tavolo tutto quello che ogni gruppo poteva mettere a disposizione. Forse Besana aveva dalla sua più esperienza e un bagaglio tecnico più assortito (anche solo per questioni anagrafiche) ma Mosson aveva dalla sua tanta inventiva, voglia di fare e disponibilità. Un bel mix di ingredienti per un cocktail speciale. Sui pochi elementi dubbi di carattere artistico abbiamo lasciato l’ultima parola al design team.

Uno show-esperimento di grande successo che avete deciso di ripetere: in che modo vi state preparando per la nuova stagione?

Abbiamo analizzato più volte durante tutta la scorsa stagione l’andamento del progetto. Un processo indispensabile per capire dove andare e come. Dopo le ultime esibizioni la voglia di riprendere immediatamente era enorme ma ci siamo imposti e presi del tempo per rivedere a mente fredda se valesse o meno la pena, e anche allora abbiamo pensato che si potesse riprovare. Abbiamo iniziato pensando prima di tutto ai gruppi, senza i quali nessun progetto sarebbe attuabile e abbiamo lasciato che ogni singolo gruppo programmasse la sua stagione e l’attività individuale. Poi ci sono stati degli incontri per decidere come organizzare il lavoro e in che modo collaborare.

L’esperienza acquisita la stagione passata, vi porterà a modificare qualche cosa?

La scorsa stagione molte cose sono filate lisce proprio grazie al confronto continuo, sicuramente quello non si potrà cambiare. Unity è un progetto insolito e all’avanguardia: abbiamo dimostrato che si possono fare cose che possono sembrare impossibili ma non abbiamo certo la presunzione di dire che siamo arrivati né che noi abbiamo le risposte. Sicuramente continueremo a sperimentare, ma non dobbiamo perdere di vista alcuni processi che sono ormai uno standard per noi come per i gruppi più grandi e maturi esistenti a livello europeo ed internazionale.

Veniamo ora ad una parte più orientata alle opinioni.

Oggi come oggi la maggior parte del movimento marching italiano è tornato ad aggregarsi nell’associazione IMSB: pensate che questa aggregazione favorisca lo svilupparsi di una consapevolezza di movimento?

 

Affermare che la maggior parte dei gruppi italiani sono tornati ad aggregarsi a IMSB ci sembra una visione fin troppo ottimistica del movimento Marching Italiano.

Nella storia di IMSB diversi gruppi hanno fatto la loro comparsa nell’elenco associativo e, alcuni di loro, hanno anche partecipato agli eventi organizzati.
Corpo Musicale di Saronno, CM S. Cecilia di Meda, CM G. Verdi di Sovico, CM S. Cecilia di Seregno, CM di Figino Serenza, CM La Samba di Torretta di Siena, Roncaglia's MB, Ticinum MB, G.Verdi MSB, Val Tagliamento MB, Red Devils MB, The Marching Owls MB, Millennium D&BC.
Purtroppo alcuni di questi si sono sciolti, altri non si ritrovano più in associazione. Inoltre sono poche le bande “tradizionali” ad avvicinarsi all’associazione e al mondo delle marching band.

La disgregazione e l’abbandono dei gruppi e l’attività associativa poco appetibile per chi vorrebbe esplorare o sperimentare il mondo marching rappresentano per noi ancora dei punti su cui lavorare molto per poter essere davvero un’associazione che promuove a 360° il genere e il movimento a livello nazionale.

In seconda analisi, secondo noi, come è stato per Unity, è fondamentale una motivazione dei gruppi a collaborare affinché ognuno, e tutto il movimento, possa trarre vantaggio in termini di crescita ed opportunità, pur riconoscendo che ognuno può avere esigenze, aspettative ed obiettivi diversi.
Crediamo nel valore della competitività e nell’importanza di essere avversari sul campo, ma rappresentanti, appassionati e promotori di musica e di uno stesso movimento fuori dallo stesso.

Marchingband.it ritiene che in Italia i tempi siano finalmente maturi per pensare ad un concetto di stagionalità sia estivo che invernale. Per stagionalità si intende la possibilità di offrire alle formazioni più eventi valutati, al fine di favorirne la crescita tecnica.

Quanto ritenete concreta la possibilità di vedere in un prossimo futuro più contest nel nostro paese?

Viviamo da dentro e concretamente le difficoltà che bisogna superare per mantenere in vita un gruppo che fa questo genere di musica. Al momento sono pochi quelli che possono permettersi di investire energie e risorse in progetti sia invernali che estivi per cui, secondo noi, ci vuole ancora del tempo prima che si possano creare i presupposti per poter parlare di doppia stagionalità.
Ogni evento può diventare occasione per avere un confronto creando competitività anche senza competizione; fare più contest è sicuramente il modo corretto per avere più occasioni di verifica del lavoro durante la stagione, tuttavia per fare contest servono gruppi che possano essere confrontabili sul piano tecnico; forse in Italia dovremmo quindi lavorare prima sulla promozione di queste attività e delle tecniche alla base di questi shows.

In che modo i gruppi (e quindi anche Unity, o i gruppi che la compongono) potrebbero contribuire -organizzativamente parlando- ad un sviluppo in questa direzione?

Dal punto di vista organizzativo, sicuramente mettendo a disposizione tutta l’esperienza maturata in questi anni nelle gare europee e nei contest a cui abbiamo partecipato, ma anche gli errori commessi lungo questo percorso di maturazione.

Saremo felici e desiderosi di contribuire all’organizzazione di nuovi eventi (contenitori), ma consapevoli che molte delle nostre energie sono necessariamente indirizzate ai gruppi del progetto Unity e alla realizzazione di uno show (contenuto).

Nota della redazione: si ringrazia Enrico Dell'Acqua per la disponibilità nell'organizzare questa intervista

Tutte le foto sono state prese dal sito facebook del gruppo.